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archeodanza
regia coreografia progettazione Simonetta Pusceddu
 

“Il secchio d’abete”
Racconto danzato tratto da:

“La Signora delle vigne” di Ghiannis Ritzos

Citando le parole del grande architetto Bruno Zevi, che intendeva l'architettura come una grande scultura scavata nel cui interno l’uomo penetra e cammina: - "l'architettura non deriva da una somma di larghezze, lunghezze e altezze degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono...”. – nasce l’idea non di un teatro convenzionale, ma di un teatro come “rituale”. Da qui nasce il nuovo progetto, battezzato “Archeodanza” in co-produzione con gli Enti Locali per lo Spettacolo – Circuito pubblico Danza in Sardegna.

Con il sostegnoa del:

Ministero della Cultura

Regione Autonoma della Sardegna 

Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio 

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Luogo – Periodo -  fonti -  sperimentazione 

Reggia Nuragica “Su Nuraxi”  - Barumini - Cantiere Madre di elaborazione coreografica.

Il luogo è deputato, come forma architettonica “arcaica”, da cui è scaturita una forma primitiva/popolare di spettacolo, ispirata all’evocazione dell’Agorà”.  Per rispettare il tema della danza intesa come “rito”, abbiamo sintetizzato il passaggio e tracciato un percorso che viaggia dalla Mitologia, alla Tragedia, fino alla Commedia, verso il Poema.

"Come un romanzo" "la lettura - visiva - della scena, ha offerto al pubblico una fitta rete di connivenze che raccontano la paradossale felicità di vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità di vivere".

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I linguaggi della danza, della parola, della luce, si connotano di un’autonomia che arricchisce il dibattimento: piccoli silenziosi “Cori” fatti di corpi muti hanno agito contestualmente e le sensazioni sono diventate percezioni visive, acustiche e tattili. Tutto scorre per piccoli stralci, spezzati e quasi incompiuti. Dal testo danzato nasce un’immagine reale, avanti nel tempo, il testo virtuale un’immagine evocativa. Esaltando la fisicità e la corporeità della parola, si crea l’immediato rapporto con le ipotesi di costruzione coreografica composta da  stralci di canovaccio danzato, che hanno reso rilevante il ruolo del coro come in una tragedia antica. La luce non si è limitata a illuminare gli attori o a simulare fenomeni naturalistici, ma l’uso di masse di luce e ombre hanno eccitato la fantasia per mezzo di forme elementari. La progettazione è stata peculiare al luogo, nessun realismo, nessun naturalismo: il luogo dell’azione invece di essere mostrato illusionisticamente, è stato semplicemente “suggerito nella suo significato di “agorà”. Questa cornice scenografica è stata, inoltre, sublimata dal  proposito di fondere il pubblico con i danzatori/attori, avvicinandoli in un unico spazio scenico per far assaporare l’idea di un teatro fedele alla sua essenza, fatto di azione e abilità degli danzatori/attori che si sono mossi cercando la luce per potersi rivelare laddove anche il buio, non ha costituito una “quarta parete”, ma è stato il luogo in cui ha viaggiato l’azione.

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ARCHEODANZA  “Il secchio d’abete”
Racconto danzato tratto da:

“La Signora delle vigne” di Ghiannis Ritzos
Regia Coreografia Simonetta Pusceddu
Interpreti: Compagnia danzalabor: Evelina Ambu, Miguel Angel Serrano Tomas, Aldo Canessa, Nicole Cefis, Paola De Felice, Erika Di Crescenzo, Lucrezia Maimone, Elisa Melis, Annalisa Rocca, Viola Tarozzi, Jorge Sese.
Testi recitati:

Lia Careddu e Cristina Maccioni

produzione  Tersicorea 2005/2011
genere TEATRODANZA CIRCO
durata 60 min.
pubblico +10
scena TEATRO/SITE SPECIFIC
 

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archeodanza

da " Il secchio d'abete" di Ghiannis Ritzos 

2005: Secchio d’abete”, (produzione tersicorea ),  sperimentata all’interno degli scavi romani – 400 a.c.. – della Chiesa di Sant’Eularia a Cagliari), che ha debuttato con la compagnia Danzalabor e Lia Careddu 
2006 Reggia nuragica “Su Nuraxi” - Barumini con la compagnia Danzalabor e Cristina Maccioni
2011  Anteprima nazionale ( 29 luglio 2011  Cagliari - Parco Villa Pollini - sede della Direzione Beni Culturali Sardegna 
2011 Magna Grecia teatro Festival 2011 con la direzione artistica di Giorgio Albertazzi: (4 agosto  Casignana -  Villa Romana di Contrada Palazzi  -  5 agosto  Monasterace - Tempio dell'antica Città greca di Kaulon  -  6 agosto  Vibo - Castello Normanno  - 7 agosto  Lamezia -  Abbazia  S. Maria di S. Eufemia

PRESS
Magna graecia teatro festival Cultura e Spettacolo - Teatro  Gazzettadelsud
Martedì 09 Agosto 2011

 

Danza e recitazione stregano il pubblico in un continuo crescendo di suggestioniLo spettacolo di danza "La Signora delle vigne", sotto un incantevole cielo stellato, invita a volare con la fantasia. Miti e magie della Grecia antica rivivono nel secondo appuntamento del "Magna Graecia Teatro Festival" nell'Abbazia Benedettina. "La Signora delle vigne" è scritta nel lontano 1954 da Yannis Ritsos, considerato uno dei più grandi poeti greci del ventesimo secolo. Artista che, nonostante abbia sfornato una produzione sterminata, facendo rivivere nei poemetti l'eredità classica della Grecia, viene deportato in un campo di concentramento, dopo il colpo di stato dei "colonnelli" nel 1967, per le sue convinzioni politiche. Ritsos subisce anche l'onta di vedere la sua poesia vietata, seppure occasionalmente, perché ritenuta vicina alle idee di sinistra. L'artista concepisce "La Signora delle vigne" con un profilo totalmente al femminile. L'opera è un piccolo poemetto all'insegna del dubbio: si parla forse di una donna? O di una madre? O, ancora, di una sposa o di una vedova? Alla fine, il poeta svela l'arcano: si tratta della Grecia. Nella rappresentazione, ricca di emozioni e densa di immagini oniriche e mitologiche, si intrecciano tre testi: il "Minotauro" dello scrittore e drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt; la poesia di Francesco Masala, scrittore, poeta, saggista e studioso di lingua e cultura sarda e, infine, la tragedia "Le Baccanti", del drammaturgo e poeta greco antico Euripide. Un mix di italiano, sardo e greco antico, accompagnato sempre dalle sonorità briose delle percussioni, testimonia l'infinita ricchezza culturale del bacino del Mediterraneo. Danza e recitazione stregano gli spettatori in un continuo crescendo di suggestioni dal sapore vecchio di millenni. Lo spettacolo si compone di due parti. Nella prima, gli spettatori scoprono un luogo animato da danze, immagini, voci e suoni. Cammino che, a sua volta, si divide in due segmenti: il labirinto, che richiama appunto il "Minotauro" di Dürrenmatt, un luogo in cui le immagini si susseguono vorticosamente e che si caratterizza per essere uno spazio vuoto, e le agorà, i cortili, occupati totalmente dalla danza. Nella seconda parte, invece, a dominare è il palco, su cui si spiega l'universo femminile di spose, madri e vedove. Il tutto in una ricostruzione scenica che richiama il mare, che in un primo tempo separa, ma che alla fine unisce con maggior vigore. Oltre al mare e le sue tempeste, attraversano il racconto, con tutta la loro carica emotiva, il dolore, la gloria, l'attesa, la guerra, l'approdo, la stanchezza e l'ignoto. "La Signora delle vigne", a cura della compagnia "Tersicorea - Danzalabor", prende vita grazie alla bravura dei danzatori Evelina Ambu, Miguel Angel Serrano Tomas, Aldo Canessa, Nicole Cefis, Paola De Felice, Erika Di Crescenzo, Ilaria Gallus, Lucrezia Maimone, Elisa Melis, Annalisa Rocca, Viola Tarozzi e Jorge Sese. Regista e coreografa, Simonetta Pusceddu. Intensa la performance dell'attrice Cristina Maccioni che, nelle battute conclusive, chiede alla "Signora delle vigne" di «offrire loro la danza per far schiattare la morte». E subito partono le note del ballo popolare greco del "Sirtaki", con il suo ritmo che va sempre ad aumentare. Proprio come gli applausi finali del pubblico all'indirizzo degli artisti.

Donne del mito nelle agorà della memoria"

Unione sarda Domenica 31 luglio 2011

Non bastasse il fascino di un grande ficus e di un parco su cui si affaccia Villa Pollini in via Jenner a Cagliari, la sede della direzione dei Beni Culturali e Archeologici della Sardegna diventa per una sera spettacolare teatro della pièce di teatro-danza Il secchio di abete , portata in scena venerdì dalla compagnia Danzalabor diretta da Simonetta Pusceddu e rinforzata per l'occasione dalla presenza dell'attrice Cristina Maccioni. Presentato davanti a un pubblico attento e numeroso, ispirato al racconto “La Signora delle vigne” del greco Ghiannis Ritsos, lo spettacolo offre un viaggio fra tradizioni e leggende dove la figura della donna entra ed esce dal ruolo di madre, sposa, vedova. Un'evocazione che scorre attraverso una galleria di personaggi mitologici: Penelope, Circe, Calipso, Nausicaa. Interpretato da undici danzatori di buona tecnica (tra loro, la torinese Erika Di Crescenzo, vincitrice del premio CortoinDanza 2010), il lavoro libera nell'aria una danza ora dinamica e capricciosa ora interiore dove il ritmo non risiede nei gesti quanto nelle immagini. Una danza che nel suo procedere incrocia parole (di Ritsos, Durrenmatt e Francesco Masala) e musiche del Mediterraneo. «La coreografia non è mai la stessa. L'idea è di creare delle agorà che stanno dentro la memoria del luogo» precisa la Pusceddu a fine serata: «C'è una narrazione sulla narrazione. La narrazione del luogo si sovrappone e detta il percorso della storia».

(Carlo Argiolas )

Lo spettacolo nasce da una ispirazione alla poetica dell'autore greco Ghiannis Ritsos, che nei suoi poemetti attraverso metafore, analogie, similitudini, s'ispira alle leggende e tradizioni popolari, dove la donna è personaggio atemporale, donna, madre, sposa, vedova di ogni tempo. L'evocazione è avvenuta attraverso i personaggi femminili Calipso, Circe, Nausicaa e Penelope, protagoniste della poetica dell'"Odissea" di Omero. A completare il percorso è stato rilevante il contributo poetico dell'autore Costantin Kavafis con la poesia "Itaca" e dell'autore Francesco Masala con " Littera de sa muzere de s'emigradu". Personaggi contemporanei dal sapore antico, non umili comparse della storia, non strumenti della volontà degli dei - personaggi ora sfumati e dissimulati dietro immagini e simboli, ora intravisti dietro veli e nebbie, ora immersi nella loro smascherata quotidianità, ottengono dal "Poeta" il privilegio di prendere la parola per diventare protagonisti delle vicende del mito/realtà.

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