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RESIDENZE RURALI E URBANE.

Residenza come promozione del territorio, come scambio, sperimentazione, ricerca. Residenza come luogo di formazione artistica e umana.

“Il corpo umano diventa “navigatore” nel complesso sistema delle geografie comunicative della città in cui i linguaggi dell’arte interagiscono in un continuo territorio di scambio dove la tecnologia e la poesia dettano le coordinate dei percorsi delle nuove erranze urbane”.

Partendo da questa definizione del concetto di residenza, il focus si sposta su una ridefinizione del rapporto tra il CORPO E LO SPAZIO e sul concetto di DECENTRAMENTO DELL’’ARTE dal punto di vista spaziale e conseguentemente sociale ed economico.

Gli SPAZI E I LUOGHI

Se Lo spazio urbano diventa teatro della vita quotidiana, la città diventa, in questo senso, uno spazio “trovato”, nel quale agli attori, o performers, devono  interpretare lo spazio con i suoi vincoli fisici e sociali.

“L’uso dello spazio non è neutrale, e l’organizzazione funzionale ed estetica dei teatri e delle città lo dimostra. Nei luoghi teatrali “alternativi”, le pareti spoglie, o l’esibizione della struttura della scena che evidenzia la “finzione teatrale” (Schechner, 1968, 45), e per di più la loro ubicazione inusuale che fa dimenticare il teatro-simbolo, contrasta quella sorta di “feticismo” della messa in scena che ad esempio nasconde le mura del fondale del palco con sontuose scenografie, in modo simile a quel “feticismo della merce” attraverso il quale, secondo Marx, “il denaro e il mercato calano un velo, ‘mascherano’ le relazioni sociali tra le cose” (Harvey, 1990, trad. it. 2002, p. 129). Del resto, nei teatri tradizionali vi è una rigida separazione degli accessi per il pubblico e per gli artisti, così, ancora secondo Schechner (1984, 122), “un espediente per separare la produzione delle merci dal loro commercio, è di nascondere tutti i preparativi agli acquirenti”.

Molto spesso, invece, non è dato ritrovare questa separazione negli spazi teatrali alternativi, nei quali le relazioni sociali e di consumo che si instaurano sia tra gli artisti che tra il pubblico, possono essere molto differenti, più orizzontali e meno codificate, rispetto a quanto accade per la fruizione degli spettacoli in un teatro convenzionale.

Quanto detto finora impone anche delle riflessioni rispetto ai fenomeni di mobilità del pubblico, e dunque ai modi di appropriazione di determinate risorse culturali distribuite in modo non uniforme sul territorio.

RAPPORTO CON I FRUITORI

Decentrare l’arte – anche dal punto di vista economico, oltre che sociale e spaziale – significa agire sulle pratiche e sulle esperienze culturali delle persone, in modo da rendere vivibile (in tutti i sensi) non solo la città ma anche quella parte culturale – sempre più significativa – della sua offerta di servizi. Il decentramento dell’arte propone dunque un modello di sviluppo virtuoso, basato sulla capacità di investire nella relazione con il proprio pubblico, al fine di valorizzare i vantaggi e le opportunità dello scambio e del confronto. Un modello di sviluppo che punta sulla responsabilità delle organizzazioni nei confronti del conseguimento degli obiettivi di coinvolgimento e sinergia con il territorio, e, soprattutto, sulla capacità di generare reti di reciprocità nel territorio e di veicolare quei valori capaci di apportare un sostanziale miglioramento della qualità della vita nella comunità. Un comportamento strategico che pone al centro il valore del capitale relazionale e quindi l’attenzione alla costruzione, alla qualità e alla cura nel tempo di ogni relazione, basato sulla profonda convinzione che la produzione culturale debba necessariamente misurarsi con la costruzione paziente di un impatto sulla comunità ponendo maggiore attenzione sulle necessità dei suoi residenti e imparando nel medesimo tempo a rilevare i cambiamenti e a reagire in funzione di essi.

SPAZIO TEATRALE ALTERNATIVO NEI TERMINI DI UN DIALOGO CON L’AMBIENTE URBANO CIRCOSTANTE

L’architettura degli spazi teatrali cosiddetti “alternativi” si connette alla loro collocazione nello spazio urbano come elemento qualificante dal punto di vista simbolico e sociale, ma in modo assai differente dai teatri storici o comunque dall’idea più o meno generale e condivisa di cosa sia un teatro. Questi spazi nascono con uno scopo utilitaristico (ad esempio una ex officina), e sorgono spesso in aree decentrate, normalmente deputate ad altre attività, quasi sempre non culturali, legate ai meccanismi di mobilità, residenza o servizio della collettività urbana. L’ambiente urbano contemporaneo è stato fortemente segnato prima dall’egemonia dei teatri all’italiana – il tipo di edificio per spettacoli predominante nella cultura europea dal XVI al XIX secolo – e poi dalla perdita di significato dell’edificio-istituzione in quanto norma. Il regista e antropologo statunitense Richard Schechner parla di teatri “col proscenio” riferendosi all’assetto spaziale derivato dal teatro all’italiana, strutturato internamente dagli elementi che definiscono e separano sala e scena (Schechner, 1984, pp. 121-123). Per quanto riguarda l’interno, infatti, una prima differenza tra gli spazi tradizionali e quelli alternativi risiede proprio in questa separazione architettonica, rigida e culturalmente codificata, resa possibile dall’arco di proscenio.

Del resto, nel Novecento gli spazi alternativi sono divenuti un punto di riferimento per quegli uomini di teatro i quali, in virtù di un rifiuto dell’ordinario assetto spaziale ed organizzativo canonico del teatro all’italiana, “frontale, distanziante, immodificabile”, sono stati indotti “ad abbandonare i vecchi edifici teatrali ma non tanto per entrare in edifici teatrali nuovi” – è questo il dato significativo – “quanto per dedicarsi all’uso o al riuso di spazi non teatrali: capannoni, magazzini, garage, cantine, chiese sconsacrate; e poi luoghi aperti: piazze, strade, cortili, etc. Piuttosto, trovarsi ai margini vuol dire essere decentrati rispetto ad un sistema teatrale convenzionale. Talora ci si potrebbe anche riferire al fatto che si rivolgono a segmenti di pubblico meno estesi, cioè, come suole dirsi, di nicchia. Nei teatri, dunque, vigono particolari convenzioni artistico-estetiche e “istituzionali” determinate dai codici impiegati nella comunicazione teatrale e da particolari condizioni prossemiche, le quali suggeriscono il modo in cui comportarsi nello spazio in cui ci si trova, e soprattutto comunicano – o, più precisamente, meta-comunicano – una particolare “definizione della situazione”

NECESSARIA INDAGINE SUL TERRITORIO

Un esame del territorio rispetto alla distribuzione delle sale teatrali permetterebbe di cogliere sia gli aspetti legati all’organizzazione di questa attività, sia la dimensione artistica ed estetica che la caratterizza, nonché gli usi sociali e culturali che il suo inserimento nella struttura urbana comporta. La posizione nella città è elemento costitutivo dell’identità di un teatro ed è di fatto “determinante nell’atteggiamento del pubblico” rispetto ad esso e alla relativa programmazione, insieme alle caratteristiche dell’edificio, alla capienza e infine alla storia e alla tradizione della sala. Di fatto nell’estensione cronologica e geografica degli eventi che sono stati assunti come teatro, si deve prendere atto che sono in numero molto limitato quelli pertinenti all’edificio teatrale come luogo attrezzato e progettato in modo specifico per gli spettacoli. Troviamo invece teatro nelle fiere, nei mercati, negli spazi di raduno di una comunità; nei luoghi di culto, nelle chiese e sui sagrati; nelle piazze, nelle strade, nei cortili. Dunque, insieme ai teatri come luoghi fisici ben identificabili, è la stessa organizzazione dello spazio urbano, ieri come oggi, a fungere molto spesso da territorio delle rappresentazioni teatrali. In altri termini, il rapporto tra lo spazio del teatro come luogo della messa in scena e l’ambiente che lo ingloba è sempre dialettico e multiforme, e soprattutto non è mai un rapporto neutrale.

GLI “SPAZI TRASFORMATI”

Gli  “spazi trovati” saranno in genere ambienti e luoghi (al chiuso e all’aperto) più o meno fortemente marcati e strutturati dal punto di vista architettonico e/o urbanistico: l’interno di una chiesa, la sala o il cortile di un palazzo antico, un chiostro, una piazza, una strada” . Tra questi luoghi, però, vi sono oggi anche gli spazi industriali periferici in disuso, “luoghi dell’archeologia industriale, come le vecchie fabbriche”, cioè spazi fortemente connotati simbolicamente, come ad esempio il Lingotto di Torino, usato da Luca Ronconi nel 1991. Molti degli esempi fino ad ora citati mostrano quale tipo di relazione possa esistere tra una ex fabbrica, come il Lingotto torinese oppure come il vecchio stabilimento della Mira Lanza, sede oggi del Teatro India di Roma (“Luogo scenico alternativo al teatro all’italiana”, e l’area adiacente, frutto di ripensamenti culturali e urbanistici che evidenziano uno scarto con la città-consumo, oggi esemplificata dal centro storico riqualificato – eccezion fatta per gli interstizi cui già si è accennato – e dai centri commerciali. Alcune di queste iniziative rientrano in progetti culturali e sociali più o meno rilevanti, sostenuti da istituzioni locali, quali ad esempio i Comuni, con finalità di riqualificazione sociale e funzionale di aree periferiche delle città. 

ESPERIENZA PERSONALE

Come esempio e testimonianza di quanto detto, nella mia esperienza personale posso annoverare tra i diversi progetti di residenza ospitati o/e coprodotti il PROGETTO PLURIENNALE DI DANZA CONTEMPORANEA “ARCHEODANZA”.  (che nasce con la produzione Il Secchio d’Abete da La signora delle vigne di Ghiannis Ritzos , rappresentata nella sua prima versione all’interno del complesso nuragico di Barumini Su Nuraxi, _ iscritto dal 1997 nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco).

I luoghi che ospitano la danza contemporanea si identificano come logos, ovvero identità culturali con il duplice scopo di raccontare e accogliere il progetto/residenza. Si tratta di progetto artistico basato sulla contaminazione tra arte visiva, patrimonio storico-culturale e spettacolo dal vivo. L’itinerario delle residenze e degli spettacoli si svolge fra antiche archeologie in un progetto di promozione e valorizzazione del patrimonio storico.

 

ARCHEODANZA nasce nel 2006 come estensione del Progetto URBANO decennale “DANZARCHITETTURE” e ambedue i progetti battezzati “CANTIERI ARTISTICI”, pongono l’accento sul valore contemporaneo delle “mura”, intese come “ex luogo” di difesa territoriale e oggi, invece, luogo di difesa della cultura e storia della città, più esattamente di conservazione della nostra cultura e memoria, e ancora, ambedue i progetti sottolineano l’obiettivo della formazione e sensibilizzazione del giovane pubblico e degli adulti, attraverso la partecipazione attiva all’interno di  luoghi particolari per la loro preziosità e l’attivazione di diverse forme di progettazione e intervento, che sollecitano la partecipazione attiva di artisti di diversa provenienza. I partecipanti autori e spettatori, attraverso propositi, relazioni e sinergie hanno contribuito alla ricerca.  La Diffusione nazionale - transnazionale dell’esperienza del processo creativo pone l’accento sulle differenti metodologie culturali. La Circolazione delle opere prodotte all’interno del cantiere madre Spazio T.off – contenitore dell’attività di residenza - avviene attraverso canali comunicativi di grande diffusione quali: - seminari, convegni, rassegne, festivals, sito internet e utilizzando il linguaggio del video docu//film come strumento di comunicazione. Ciò consente di estendere la ricerca e il prodotto culturale che non si concluderà nello spazio e nel tempo relativo alla durata del progetto, ma si aprirà alla continua generazione della dimensione multiculturale, anche oltre i confini del territorio della Sardegna.

Mito/Luogo/Contemporaneità è il contenitore di diversI PERCORSI DI RESIDENZA ARTISTICA E ATTIVITà DI SPETTACOLO DAL VIVO, al cui interno si sviluppano i progetti artistici “DANZARCHITETTURA E ARCHEODANZA”. 

LUOGHI INDAGINE E SPERIMENTAZIONE dal 1989

•  "La Cripta di San Domenico - ex Confraternita dei calzolai, ex Tribunale dell’Inquisizione -  secolo 1254  - •  Auditorium Comunale  ex convento Cappuccini -  secolo 1500  •  Biblioteca Universitaria – Università degli studi di Cagliari  - •   Piazza Palazzo Castello - Palazzo della Prefettura – Cagliari -  secolo 1700  - •  Exmà Centro d'arte   - ex mattatoio di Cagliari sec. 1850  - •  Ghetto degli ebrei -  ex Caserma San Carlo -  fine '700  - •  Basilica di San Saturnino periodo paleocristiano - ex luogo di sepoltura di età romana e bizantina -  V / VI sec.- •    Anfiteatro Romano  I / II sec d.c  - •  Palazzo Corte d’Appello – ex Basilica Magistrale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Castello – sede Dipartimento di Architettura Università degli studi - Cagliari  - sec ‘700 Chiesa Santa Maria del Monte – ex sinagoga convertita in chiesa nel 1492, all'indomani dell'espulsione degli ebrei  - Gotico Catalano sec. ‘500  - • Torre Spagnola Spiaggia Poetto – La torre del Poeta Ennio  ex  luogo di difesa – Cagliari -  • Sito archeologico Romano di Nora "Le terme" –  Prima città fenicia VIII a.c  -   • Grotte di San Giovanni Domusnovas - Iglesias Oggi Monumento-naturale Nazionale  periodo Prenuragico - •  Architettura industriale Ex Miniera di Montevecchio – sec 1800 -  •  S. Sperate: dal 1968 San Sperate “Paese Museo” : Case campidanesi, Murales, Sculture, Pietre Sonore e Monumenti. •    Domusnovas: Piccolo Anfiteatro -Parco comunale •    Siti della Gallura: Punta Ferrero; Chiesa Nostra Signora di Buoncammino sec 1900   - •    Fortezza di Sant’ Ignazio - Calamosca Cagliari  sec. 1792  - • Area archeologica Chiesa Sant’Eulalia- Cagliari -  II/III sec a. c •    Reggia nuragica  “Su Nuraxi – Barumini 1600 a.c •  Palazzo Zapata – Barumini  sec ‘500 d.c -  •  Il naviglio CISTERNA ROMANA – Gioiosa ionica Calabria  - • Settimo San Pietro: Cucuru Nuraxi e il complesso archeologico  (Soprintendenza belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna) - • Casa Comunale Dessy; Casa Baldussi; Casa privata Dessy; Casa Campidanese Zuddas di Angelo e Sara Fadelli (fine sec. XVII - • Tomba dei Giganti di is Concias nota anche come “Sa Domu e S’Orcu“, Quartucciu - • Spazio ILISSO ex Casa Papandrea, Nuoro.

Spazi di residenza Isola di San Pietro:

• Luoghi Istituzionali: Giardino di Note, Casa del Duca, Torre San Vittorio Saline di Carloforte

• Parco naturalistico ulivi millenari S'Ortu Mannu - Villamassargia - • Bosco Ulivi millennari e  Chiesa di San Sisinnio, Villacidro - • Antico Borgo medievale, Tratalias (Carbonia Iglesias) 

le residenze artistiche

Officina delle arti sceniche e performative

TEASER - RAÍZ _ Chey Jurado
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Docufilm INTERCONNESSIONI_residenza artistica 2019
26:41

Docufilm INTERCONNESSIONI_residenza artistica 2019

Residenza Artistica 2° annualità “Interconnessioni” Determinazione del Direttore del Servizio Sport, Spettacolo e Cinema n. 648 del 12.06.2019 “Artisti nei territori”, progetto “Interconnessioni” - in accordo con Regione Sardegna e MiBACT realizzato dall’Associazione Tersicorea Direzione artistica: Simonetta Pusceddu con il sostegno di Regione Sardegna, MIBAC Ministero per i beni e le Attività Culturali Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna. CEDAC Circuito Multidisciplinare dello spettacolo in Sardegna in collaborazione con CASA LUFT, Arca del Tempo, Cooperativa Specus, Comune di Settimo S. Pietro, Comune di Selargius, Comune di Sinnai, Proloco Settimo san pietro, Cooperativa Bios Sinnai Accordi di residenza Zerogrammi Torino PERIFERIE ARTISTICHE_ Centro di Residenza Multidisciplinare della regione Lazio, Tuscania a cura di Twain Artisti in residenza “Coma” Diego Sinniger, Kiko Lòpez, Shaquille George, Helena Canas, Fanny Laï Direzione e ideazione: Diego Sinniger interpreti: Diego Sinniger, Shaquille George, Kiko López, Helena Canas e Fanny Laï Drammaturgia: Marc Sans Coëffard produzione: Bernabé Rubio e Javier Casado Distribuzione: Bernabé rubio (Rotativa Performing Arts) “Elegia delle cose perdute” progetto, regia e coreografia Stefano Mazzotta creato con e interpretato da Amina Amici, Lucrezia Maimone, Simone Zambelli, Damien Camunez, Manuel Martin, Miriam Cinieri, Gabriel Beddoes Interpreti residenza Progetto filmico La Compagnia zerogrammi, Alessio Rundeddu, Sara Angius con la speciale partecipazione di Loredana Parrella PERIFERIE ARTISTICHE_ Centro di Residenza Multidisciplinare della regione Lazio, Tuscania a cura di Twain collaborazione alla drammaturgia Anthony Mathieu progetto video Massimo Gasole/Illador Film make up Federica Li vocal coaching Elena Ledda, Simonetta Soro luci Tommaso Contu segreteria di produzione Maria Elisa Carzedda produzione Zerogrammi coproduzione Tersicorea T Off (It), La meme balle – Avignon (Fr) con il contributo di INTERCONNESSIONI/Tersicorea T Off, PERIFERIE ARTISTICHE - Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio - Supercinema, Tuscania Artisti ospiti Quartetto Andhira: Luca Nulchis, Elena Nulchis, Egidiana Carta, Elisa Zedda e il Coro di Canti Popolari della Scuola Civica di Musica di Sinnai “Storie da Vinci” Compagnia IS MASCAREDDAS Donatella Pau, Musiche dal vivo Silvia Corda Oggetti e animali Donatella Pau,Tonino Murru, Mimmo Ferrari Il Collettivo de “gli erranti ” Sara Piui Perra, Sara Vasarri, Elisa Zedda, William Wallace, Ado Sanna, Amedeo Podda, Giorgia Damasco, Valentino Bistrussu, Alessio Rundeddu, I musicisti a bordo del Bus Francesco Cocco Armonica, Gloria Bellu Chitarra/voce Voce Elisa Zedda La Banda Giuseppe Verdi di Sinnai Con la straordinaria partecipazione di: Bonaria Ghironi Spazi di residenza - Cucuru Nuraxi e il complesso archeologico (assegnato dalla Soprintendenza belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna) - Arca del tempo - Casa Dessi Comune di Settimo San Pietro - Vicoli, Piazze, Case abbandonate, cantine e luoghi indicati dall’amministrazione pubblica come rappresentativi della memoria del paese. Collaborazioni tecniche: Enrico Sau, Tommaso Contu, Gianni Melis Tecnico/Logistica: Gerardo Jonas Gouveia Villarroel, Alvaro Sebastian Perez Sobrado Fotografia: Federica Zedda Video maker: Massimo Gasole, Damiano Picciau, Operatore drone: Alberto Masala Collaborazione amministrativa: Cristina
SIMPOSIO DEL SILENZIO_teaser#1
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SIMPOSIO DEL SILENZIO_teaser#1

Crediti una creazione di/a creation by Lucrezia Maimone   in scena/on stage Lucrezia Maimone, Damien Camunez   ambiente sonoro/sound and music Lorenzo Crivellari   violino/violin Elsa Paglietti   coaching coreografico e drammaturgico/choreographic and dramaturg advice Stefano Mazzotta   effetti magici/magic effects Jonathan Giard   disegno luci/light design Tommaso Contu   fotografia/photography Stefano Mazzotta   produzione/production Zerogrammi   con il contributo di/with the contribution of Interconnessioni 2018/Tersicorea (Cagliari) CeDAC Sardegna   con il sostegno di/with the support of Regione Piemonte, MIBAC - Ministero per i Beni e le Attività Culturali progetto vincitore del Premio/Project winner of the prize CollaborAction Kids XL#1 2018 - azione del Network Anticorpi XL | Cantieri Danza | Solares | Amat | Arteven | Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza | La Piccionaia | Fondazione Piemonte dal Vivo | Teatro Pubblico Pugliese | C.L.A.P. Spettacolodalvivo | Armunia | FTS Onlus | ACS | Centro Servizi Culturali Santa Chiara | FIND. Un ringraziamento speciale a Stefano Mazzotta per l’immenso sostegno e il preziosissimo accompagnamento artistico, Simonetta Pusceddu per l’inestimabile appoggio e fiducia, giorno e notte, Anthony Mathieu per la compartecipazione e complicità. A special thanks to Stefano Mazzotta for the immense support and the precious artistic advice, Simonetta Pusceddu for the invaluable support and trust (day and night), Anthony Mathieu for the sharing and complicity. Nel complesso viaggio che ci traghetta dall’infanzia all’età adulta, l’adolescenza è il luogo transitorio delle inquietudini, delle trasformazioni, il luogo dove i sogni e i desideri, provenienti con incanto infantile dalla spensieratezza dell’infanzia, si proiettano al futuro dialogando (e sovente scontrandosi) con la realtà. Come le fiabe ci insegnano, questo è però il viaggio necessario a comprendere chi siamo anche e soprattutto attraverso il dialogo con le nostre paure più profonde. Così in Simposio del Silenzio: uno racconto tra danza, clownerie e teatro, pensato e costruito come un viaggio fiabesco nel mondo oscuro dell’inconscio, le cui geografie si ispirano alle opere illustrate di Lorenzo Mattotti. Al centro della storia è l’inquietudine e la fragilità di una giovane protagonista e la sua goffa relazione interrogativa con grossi e pesanti libri a popolare la scena. Come portatori di ipotetiche risposte e strade percorribili, questi oggetti, quasi dotati di vita propria, la accompagnano in un viaggio verticale alla ricerca di sè che quasi ricorda gli scenari illogici dell’Alice di Carroll durante la celebre caduta nella tana del bianconiglio. Da questa caduta all’indietro, immagini e movimenti si susseguono, per dare vita a simboli dell’inquietudine infantile, attraverso gli scenari torbidi di una narrazione dedicata al dubbio, all'incertezza, alla precarietà dell’io. Come in ogni fiaba di crescita, la narrazione insiste e ritorna sulle dinamiche generate dalla domanda e dal desiderio di equilibrio di fronte all'ostacolo, alla prova da superare, al luogo sicuro e all'ordine da conquistare: abbandonando la certezza presunta di un centro, il racconto si lancia nella precarietà del moto, nella ricerca di un temporaneo luogo sicuro, di un ordine plausibile, per restituirci infine l'unica certezza possibile: che nulla resta mai uguale a se stesso e che la condizione di domanda è l'unica via per la crescita, il cambiamento, la scoperta. sinossi La giovinezza è finita, la fantasia sta svanendo, i sogni si allontanano e diventano ricordi, poi pensieri che si mescolano alla realtà. Una serie di grossi libri enigmatici popolano la scena costruendo fantasie controverse, raccontando le nostre inquietudini, le nostre speranze, mostrandoci le paure che risiedono nei nostri cuori, chiedendoci infine di non lasciar scappare la magia dell’infanzia neanche quando saremo vecchi. Simposio del silenzio è una fiaba sulla precarietà: il peso, l’equilibrio, il rischio, il conflitto dualistico e l’ineluttabile desiderio di un’irraggiungibile armonia unitaria, un viaggio fiabesco nel mondo oscuro dell’inconscio, luogo in cui risiede il nostro sé implicito, nel quale è necessario recarsi per poter conoscere le profondità del proprio essere, della propria complessità, tuffandosi nell’oscurità della propria essenza nella speranza di riemergere in un nuovo sé unitario e integrato.
Residenza interconnessioni 2018 Wallpaper
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Residenza interconnessioni 2018 Wallpaper

Come l’identità umana indagata nei suoi vari strati che si accumulano, nascondendo debolezze e sentimenti in Wallpaper di e con Sara Angius (originaria di Sassari ma d’adozione e formazione tedesca), con la partecipazione di Loretta D’Antuono (Milano), dei tutor Anthony Mathieu e Simonetta Pusceddu,.e le donne panificatrici del Borgo del Pane di Settimo San Pietro che hanno rappresentato un interessante contrasto, la semplicità e l’onestà del gesto di fare il pane e anche un certo ritmo metodico ma naturale, costituito da un’antico strumento quale un setaccio dei primi dell’800 manipolata da un’anziana signora, in opposizione all’artificio rappresentato da due personaggi danzatrici in scena e dalla giovane violinista. La bellezza del rito antico della produzione del pane sublimata dalla poesia del linguaggio del corpo, della danza. L’arte come strumento per riattivare la memoria e l’identità di un luogo, reinterpretarlo e raccontarlo, in una rispettosa armonia tra spazio e tempo, corpo e ambiente, architettura e movimento, luci naturali e arti visive. Le donne panificatrici settimesi e il processo “sacro” di “spongiai su pani”, ovvero lavorare l’impasto della farina con le nocche delle dita a pugno, scandiscono il tempo della memoria con il ritmo e il suono del setaccio della novantottenne “madre del pane” Bonaria Ghironi, ed entrano nella drammaturgia della creazione insieme agli artisti in scena. , spiega sorridendo l’anziana panificatrice., che in scena con della violinista Elsa Paglietti della prestigiosa Accademia di S.Cecilia a Roma, ha dettato il ritmo delle azioni delle danzatrici, agendo con il suo setaccio (antico più di 150 anni) da dietro un grande tavolo, come in un quadro apostolico, composto da sole donne, Un quadro questo di “Wallpaper”, di pura poesia e danza dipinto all’interno di “Interconnessioni”. coreografie: Sara Angius interpreti: Sara Angius, Loretta D'Antuono musica dal vivo: Elsa Paglietti,Violino tutor: Anthony Mathieu e Simonetta Pusceddu Le donne panificatrici del Borgo del Pane di Settimo San Pietro
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